Il matrimonio ebraico a Roma. Come si svolge secondo il rito

Il matrimonio ebraico a Roma. Come si svolge secondo il rito

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Il matrimonio ebraico a Roma. Come si svolge secondo il rito

Il matrimonio ebraico , secondo una visione prettamente religiosa, è un atto pubblico mediante il quale la donna viene consacrata a un uomo e alla famiglia che si formerà

Matrimonio ebraico: dove si celebra il rito
Il matrimonio ebraico viene celebrato in sinagoga

Matrimonio ebraico: la ketubàh e il corteo nuziale
Il rito del matrimonio ebraico inizia con il corteo nuziale, fuori dalla Sinagoga. I futuri sposi arrivano successivamente in una saletta dentro la Sinagoga per svolgere il rito civile secondo le leggi dello stato. In questa fase il rabbino legge il testo della ketubàh, davanti a due testimoni.
La ketubàh è un documento dove sono raccolti gli obblighi di natura economica del marito nei confronti della moglie, cercando di proteggere la donna da un eventuale divorzio. Il ketubàh viene firmato dallo sposo e consegnato alla moglie; successivamente vengono recitate le benedizioni matrimoniali

Matrimonio ebraico: il rito della Huppàh
Successivamente il rabbino e gli sposi si recano sotto la Huppàh, un baldacchino di velluto rosso con ricami in oro, che simboleggia la casa degli sposi. Sotto la Huppàh, oltre agli sposi e al rabbino, prendono posto anche i genitori e i testimoni.
Quando si arriva al centro della Sinagoga, il rabbino procede alla benedizione con un calice di vino, gli sposi bevono il vino dal calice e lo sposo mette al dito della mano destra l’anello di matrimonio recitando una formula. La sposa non conferisce nessun anello e il suo consenso si esprime mediante una tacita accettazione. Successivamente viene consegnata alla sposa il ketubàh, vengono recitate dal rabbino e dai presenti le Nisuin, o Sette Benedizioni.

Matrimonio ebraico: il rito davanti all’Aron
Il rabbino e i genitori accompagnano gli sposi davanti l’Aron, dove sono contenuti i rotoli della Torah. Si forma un corteo e il cantore intona un salmo; successivamente i genitori benedicono gli sposi ponendo la mano destra sul loro capo. Viene quindi aperto l’Aron e dinanzi ai rotoli della Torah il Rabbino copre con il suo Talleth  il capo degli sposi pronunciando la benedizione.
Al termine della cerimonia del matrimonio il marito rompe un bicchiere per ricordare la distruzione del tempio di Gerusalemme e l’allontanamento dalla terra Santa del popolo eletto.  Dopo la cerimonia del matrimonio gli sposi sono considerati rinati e tutti i loro peccati sono perdonati.

Matrimonio ebraico: organizzazione della cerimonia
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Posti tipici:

Portico di Ottavia
Il primo nucleo ebraico si forma qui nel secolo XVI, proveniente dal Trastevere.
Chiesa di S. Angelo in Pescheria, sede delle prediche coatte durante il periodo del ghetto. Il nome “in pescheria” si riferisce al mercato del pesce fiorente in questa zona fin dall’antichità. Lo slargo davanti al portico è il punto dove, la mattina del 16 ottobre 1943, i nazisti disposero i camion con cui furono deportati gli ebrei presi durante la razzia. Una lapide ricorda e ammonisce, senza parole di vendetta.

Vicolo della Reginella e di S.Ambrogio, dei vicoli esistenti prima della ristrutturazione.
Un vistoso cartello dice “Sabra-Kosher”: indica un negozio dal tipico nome ebraico (Sabra è chi sia nato in Israele) nel quale si vendono cibi “secondo le regole alimentari ebraiche” (Kosher) con garanzia del Rabbinato. L’isolato compreso tra i due vicoli, dipinto in rosso, corrisponde all’edificio inserito nel perimetro del ghetto a partire dal 1825, sotto Leone XII, per intervento dei banchieri ebrei Rothschild che con cospicui prestiti avevano aiutato l’erario pontificio.

Chiesa di S. Gregorio in Divina Pietà.
La chiesetta è dedicata a S. Gregorio perché nella zona sorgevano le case degli Anicii, nobile famiglia romana che ha dato i natali a Papa Gregorio Magno (590-604) difensore dei diritti degli Ebrei. Sulla facciata è stato posto dal 1858 il ‘cartiglio’ che si trovava prima altrove nel ghetto, con la scritta in ebraico e in latino dei versetti di Isaia 65,2—3: “Ho steso tutto il giorno le mani a un popolo incredulo, che cammina seguendo le sue idee per una via non buona; ad un popolo che continuamente mi provoca all’ira”.

Il Ponte Quattro Capi è detto anche “Pons Judaeorum” e collega con l’Isola Tiberina dalla interessantissima storia. Per quanto riguarda la presenza ebraica, sull’isola, nei locali dell’antico ospedale ebraico, ora adibiti ad ambulatorio, sono presenti due piccole stanze, adibite a “sinagoga dei giovani” e che sono molto care ai romani ebrei perché qui essi sono andati, a rischio della vita, a pregare durante i terribili nove mesi di presenza nazista in città.
Un altro ricordo molto triste si riferisce all’altro ospedale, quello dei Fatebene Fratelli, dove sono stati curati i circa quaranta feriti in seguito all’attentato terroristico compiuto da membri dell’OLP nel 1982. In quell’episodio, terribile per la comunità ebraica romana, rimase ucciso un bambino di due anni, ricordato ora in una piccola lapide presso la Sinagoga.

Fontana delle Tartarughe. I Mattei erano fra le famiglie cristiane le cui case erano adiacenti al ghetto e che avevano le chiavi dei portoni che venivano chiusi all’Avemaria e riaperti la mattina, dall’esterno, nel periodo del ghetto.

Abside di S. Maria in Campitelli: qui, durante il periodo del grande pericolo nazista, gli ebrei dell’antico ghetto trovarono più volte rifugio fraterno. Nel 1990 qui è stata celebrata solennemente per Roma la prima delle Giornate per l’Ebraismo che la CEI desidera siano celebrate da tutti i cristiani, il 17 gennaio di ogni anno.

Casa di Lorenzo Manili: nel 1497 il mercante Lorenzo Manili, volendo contribuire all’abbellimento della città in quel periodo di risveglio edilizio dell’Urbe, costruisce la propria casa “ad forum Judaeorum”: prospiciente la Piazza degli Ebrei, o Piazza Giudia che verrà più tardi letteralmente divisa in due dal muro del ghetto. La facciata porta la lunga iscrizione in greco e latino di cui si è detto, più alcuni bassorilievi di abbellimento.

Nell’angolo di casa Manili la piccola porta di uno dei punti del ghetto più popolari in Roma: la pasticceria che sforna quotidianamente ghiottonerie tipiche ebraiche. Girato l’angolo, si vede un tempietto attualmente mal coperto di lastre arrugginite, ma dalle linee squisite. Un tempo era un’edicola della Madonna.

Chiesetta di S. Maria del Pianto, sorta intorno a un’immagine dipinta sul muro e legata al racconto di un miracolo. E’ una delle ben sedici chiese che sorgevano in questo che è sempre stato il più piccolo dei Rioni di Roma. Nelle vicinanze sono rimaste la chiesa di S.Tommaso ai Cenci, di S. Caterina dei funari, S. Stanislao dei Polacchi e quella che sorge sulla casa della famiglia di S. Ambrogio.

Di fronte a casa Manili, nella piazza Giudia, si ergeva la bella fontana che ora troviamo dietro S. Maria del Pianto e davanti a palazzo Cenci Bolognetti. E’ del Della Porta e ha una storia travagliata perché fu più volte rimossa e modificata.

Palazzo Cenci venne temporaneamente incluso nel ghetto in seguito all’ampliamento resosi necessario nel 1836 sotto Gregorio XVI.

Piazza delle Cinque Scole: il nome porta il ricordo del palazzetto delle Cinque Scale o Sinagoghe che sorgeva in questo punto, e che scomparve con la ricostruzione. Uno dei divieti del tempo del ghetto consisteva nella proibizione di avere più di una sinagoga, indipendentemente dal numero degli ebrei e soprattutto senza tener conto della estrema varietà di provenienze (catalani, aragonesi, siciliani e altri). La difficoltà fu in parte aggirata comprendendo all’interno di un unico palazzetto, locali diversificati per i diversi gruppi.

 

matrimonio ebraico a roma

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La Sinagoga  : visibile da molti punti della città con la sua cupola quadrata, la sinagoga o Tempio, come amano chiamarla gli ebrei romani, rappresenta architettonicamente la riconquistata cittadinanza della comunità dopo la vergogna del ghetto. Gli architetti Armani e Costa che la costruirono nel 1904 erano non ebrei: la comunità non aveva ancora potuto avere architetti propri. Fu inaugurata con grandissima solennità e devozione. E’ tuttora frequentata praticamente da tutti gli ebrei romani, anche se nella città vi sono almeno altre cinque sinagoghe più piccole in vari rioni. Lo stile è un misto di Liberty e di arte babilonese, con evidente richiamo all’origine mediorientale della religione ebraica e allo stile dell’epoca di costruzione. Non porta immagini, solo simboli: la menorah, le tavole della legge, i “lulav”. Le molteplici scritte in ebraico sono quasi tutte versetti della Scrittura che esaltano la sacralità del luogo. Sul lato sinistro di chi guarda la facciata si vedono ancora i segni dell’attentato compiuto da membri dell’OLP il 9 ottobre 1982 nel quale rimasero ferite più di 40 persone e morì Stefano Tachè di due anni.

Proseguendo il giro intorno alla sinagoga si passa davanti al piccolo ingresso che porta alla sottostante sinagoga spagnola, poi si arriva davanti alla chiesa di S. Gregorio di cui già abbiamo parlato, ci si trova di fronte l’Isola Tiberina. All’interno degli edifici annessi alla Sinagoga troviamo il Museo Ebraico. Sul lato verso il Tevere, il muro della sinagoga porta diverse lapidi di notevole interesse storico; ricordano il lungo elenco di ebrei caduti nella prima guerra mondiale; gli ebrei caduti alle Fosse Ardeatine; invocano pace per tutti.

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